Storia

Radici antichissime

Il vermouth, che deve il suo nome al termine tedesco Wermut usato per definire l’Artemisia Absinthium, ha radici antichissime. La ricetta del vinum absinthites a base di assenzio compare, infatti, in trattati risalenti ai primi secoli dopo Cristo quando era impiegato come rimedio per curare i problemi di stomaco e intestino. Il suo uso medicinale continua nei secoli successivi, ma con il Rinascimento l’ampio utilizzo delle spezie orientali in Europa permette di arricchire la ricetta connotandola con nuove note aromatiche, come cannella, chiodi di garofano e rabarbaro.

L’evoluzione del Vermouth di Torino

A partire dalla metà del Quattrocento il Piemonte inizia ad attestarsi come conoscitore dell’arte della distillazione e, nel Settecento, i liquoristi di Torino godevano di ampia celebrità. È proprio dal capoluogo piemontese che ha inizio l’evoluzione del Vermouth di Torino come lo conosciamo oggi, da bevanda medicinale ad aperitivo conviviale ed è in questo periodo che la città inizia ad ospitare opifici, liquorerie e farmacie speziali. Nel 1736 nel codice farmaceutico «Pharmacopoea Taurinensis» si descrive il “Vinum Absinthites”, composto dalle sommità fiorite dell’assenzio e dalle radici del calamo aromatico. A Torino i liquoristi e i confettieri erano iscritti all’Università dei Confettieri e Liquoristi della Città di Torino, una confraternita di arti e mestieri che riuniva tutti i produttori dei nuovi liquori che negli anni seguenti avrebbero reso grande la tradizione piemontese. Sono loro che creano le nuove ricette di vino aromatizzato e producono i primi Vermouth di Torino in bottiglia, realizzando un prodotto dolce, balsamico, alcolico e conservabile.

1833 la prima pubblicità del Vermouth di Torino

La nuova bevanda inizia ad essere apprezzata anche fuori Torino, ma il vero successo arriva a metà Ottocento, quando per la prima volta viene esportata, inizialmente in Francia e in Spagna, e poi fuori dall’Europa, principalmente in America Latina, dove erano numerose le colonie di piemontesi emigrati, e negli Stati Uniti dove diventa subito protagonista della cultura dei cocktail. A metà Ottocento erano 42 i venditori di distillati e 30 i produttori di liquori a Torino che contribuiscono in quegli anni a portare prestigio e ricchezza nel capoluogo piemontese. Risale, invece, al 1833 la prima pubblicità del nuovo vermouth prodotto a Torino, diverso da tutti gli altri e descritto come il “vero vino balsamico detto Vermut di Torino”. Da questo momento tutti riconoscono che nel capoluogo sabaudo ci sia uno stile diverso, più dolce e aromatico. All’inizio del Novecento inizia a diffondersi il “Vermouth bianco”, che si distingue per il colore più tenue, caratterizzato da note floreali e agrumate e degustato dalle donne nei bar, tanto da essere definito “Delizia per signore”, decretando una vera e propria rivoluzione del mercato. All’inizio del Novecento si afferma anche il “Vermouth rosso”, colorato con il caramello come richiesto dal mercato americano.

La normativa italiana riguardante il vermouth inizia con il Regio decreto-legge del 9 novembre 1933, n. 1696, il quale fornisce indicazioni generali al fine di caratterizzare il prodotto (gradazione alcolica minima, tenore zuccherino, percentuale in volume del vino base e delle sostanze aggiunte). Il primo Regolamento comunitario che individua le Indicazioni geografiche per i vini aromatizzati è il Regolamento CE n. 1601 del 10 giugno 1991, che per la prima volta riconosce e tutela il Vermut di Torino.

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